Antica Abbaziale di Sant'Apollinare
  • home
  • la storia
    • le origini
    • la presenza benedettina >
      • benedetto da trento
    • s.apollinare e la prepositura
    • s.apollinare ai giorni nostri
    • spigolature >
      • i discepoli di s.francesco a s.apollinare
      • cronachette
  • l'edificio
    • l'arte... >
      • la chiesa romanica
      • la nuova abbaziale
      • i materiali di costruzione
      • l'influsso cistercense
      • inserti lapidei
      • affreschi >
        • la "madona de pedecastel"
        • la seconda cupola
      • tavole e dipinti
      • il crocifisso del dos trento
    • il restauro >
      • grazie a
    • ...e la poesia
  • la parrocchia
    • Oltre Periodico Interparrochiale Trento Nord
    • il parroco
    • comitato parrocchiale
    • la solidarietà
    • contatti
  • AL DI LA' DEL CAMPANILE
    • decanato cittadino >
      • fondo straordinario di solidarietà
    • arcidiocesi >
      • arcivescovo
      • interventi dell'arcivescovo
      • eventi e iniziative
      • pellegrinaggi diocesani
  • CHIESA E DOCUMENTI
    • Papa Francesco


...dalla “CRONACHETTA” di don Vittorio Speccheri, parroco di Piedicastello dal  1901 al 1941

 

Immagine
lavandaie sul fiume adige
A ricordo d’uomo la parrocchia di S.Apollinare contava appena un trecento anime, abitata per lo più da gente rozza, data al mestiere grossolano di barcaioli, di zatterieri,di facchini e lavandaie. Ciò formava un ambiente a sé, assai differente da quello della città; anzi gli abitanti di questo sobborgo si gloriavano di non essere cittadini. Lo davano del resto a dividere colla loro rozzezza, coi loro schiamazzi, colle loro espressioni, coi frizzi, colle frequenti risse e conseguenti coltellate. Donde il proverbio trentino ”Piedicastello piccola villa, grande bordello”.

Dall’aprile 1903 per ordine dell’autorità sanitaria fu proibita ogni ulteriore tumulazione nel cimitero locale, sito avanti la chiesa, e da quell’epoca in poi i morti devono venir portati al cimitero maggiore.

Fin a quest’epoca (1903 – NdR) la Parrocchia di S.Apollinare passava come la cenerentola delle parrocchie cittadine e del di fuori. Per la scarsezza di mezzi, per l’esiguo numero dei suoi abitanti (un trecento or fanno 30 anni ed ora 1300) la Chiesa traeva una vita assai meschina, malissimo stipendiata dai Rev.ssimi Prebendati, perché forse non potevano altrimenti, essa mancava si può dire di tutto. 


Per il parroco di Piedicastello era giorno di festa quando Sua Altezza Reverendissima il Principe Vescovo Eugenio Valussi f.m. gli assegnava sulla fondazione Vielmetti le annuali 160 corone da distribuirsi in quote di 15 a 20 corone a povere vedove della parrocchia che avevano figliuoli in età ancor tenera. Quante benedizioni che riceveva allora da quelle povere donne, quanti complimenti! Le vedove erano perfino più assidue alla chiesa, più premurose in casa, più sollecite nell’educazione dei figli ed il parroco per i due, tre primi mesi era davanti ai loro occhi addirittura un… santo. Così va il mondo. 

Ma cosa bella e mortal, passa e non dura. Dal 1905 anche questa benefica fonte s’ inaridì e non getta più. Ma il pastor d’ anime non deve perdersi dì animo e contra spem deve sperare. 

Sant’ Antonio vi verrà in aiuto e questo santo dalle mille risorse, gli aprirà una via luminosa in mezzo alle tenebre. Nel 1904 fa un debito per comperare una statuetta di S.Antonio, due gigli e una mensola ed in “semplicitate cordis” con un chiodo inalza un altarino in chiesa al taumaturgo. Il 4 aprile 1904 la divozione del pane di S.Antonio è un fatto compiuto. S.Antonio pareva quasi vergognoso d’esser ridotto a sì piccole proporzioni, pur s’adattò a divenir cittadino di Piedicastello e facendo buon viso a malo gioco non smentì punto se stesso e a capo di anno il parroco poté contare 12.000 panetti, distribuiti ai suoi famelici parrocchiani. E questa spirituale”annona” mista di pane e devozione continua bene anche al presente. Laus Deo et Antonio. 

Regolata così alla meglio la parte materiale e finanziaria della Parrocchia di S.Apollinare, il parroco poté  pensare con animo più posato e tranquillo ad infondere novella vita a quelle devote istituzioni che sono come altrettante ali per sollevare il popolo a Dio. Fu così rinfrescata da prima la regina delle devozioni, la devozione cioè verso il “SS Sacramento, che trova la più bella espressione nella Confraternita rispettiva. Questa di S.Apollinare è una delle più vecchie della Diocesi, poiché nell’anno 1914 raggiungerà l’età di due secoli. Il numero dei confratelli e della consorelle ora tocca presto il 300.

 

Immagine
Subito dopo la devozione al Santissimo, qui a Piedicastello occupa un posto specialissimo e distinto la venerazione della sua Madonna, da secoli venerata nella sua cara immagine. Si può dire con tutta osservanza che essa forma il vero santuario della città di Trento e dintorni. Ce ne fanno testimonianza i molti ”ex voto” alle pareti, l’abbondanza delle messe, di candele, di olio e di altri donativi, nonché la continua presenza di devoti d’ogni classe e condizione. Dall’anno 1854 esiste una confraternita  assai numerosa canonicamente eretta ed aggregata alla Confraternita della Madonna delle Vittorie di Parigi per la conversione dei peccatori. Nel maggio 1908 fu dedicata alla Madonna di Piedicastello una canzone popolare che comincia colle parole “ Mira il tuo popolo “ che piacque tanto e che divenne sì popolare da riuscire la canzone propria di questo santuario.


 

Immagine
La chiesa s’arricchiva nel 1909 di una nuova reliquia del suo Santo patrono Apollinare. La vecchia era troppo piccola e frammischiata ad altre di altri santi. Il parroco nel suo viaggio a Ravenna fatto fra il resto per venerarvi la tomba del santo, che in quella città ha due celebratissime chiese, ebbe la fortuna di ricevere da Sua Eccellenza l’Arcivescovo mons. Morganti un bel pezzo di osso di reliquia, fatta poi collocare in apposita teca d’ argento. Ebbe in dono anche alcuni immagini del martirio del santo e una di queste ora trovasi in sacrestia.

Nel novembre 1912 fu fatta l’enumerazione esatta della popolazione della parrocchia, fatta di casa in casa, e si ebbe questo risultato. Anime : 1264 (comprese le due fabbriche – Frizzera e Pizzi) mentre dal Catalogo Cleri del 1863 le anime ascendevano solo a 430.

Col primo marzo 1914 il mezzodì viene segnato con un forte colpo di cannone dal Doss Trento; per nulla Trento non è fortezza di primo grado.

Il 23 giugno 1914 fu scassinato a colpi di spranga di ferro il ceppo della Madonna; la prima volta a ricordo d’ uomo, perché prima vani furono sempre i tentativi di scasso. L’ ora propizia dei ladri è fra le 12 e le 14.  Si pensò più volte di chiudere la chiesa fra quelle ore e ora si chiude sempre . Furono levate circa 20 corone.

Nel mese di giugno 1914, dietro ripetuti allarmi dati dal parroco si venne formando un comitato di lavoro (Luogotenenza – Municipio –  Prepositura) per addivenire alla copertura del tetto e del campanile, che ce n’era estremo bisogno. Il vecchio tetto fu coperto di scandole un 60 anni fa, ma si scoprì che la trave mediana verticale del campanile portava incisa  la data 1738. Fu messo in concorso il lavoro per il quale fu preventivata una spesa di corone 13.213,65 divise pro rata partis fra governo, patrono e comunità. Il lavoro toccò alla ditta Giuseppe Gelpi, carpentiere che se lo assunse per la spesa di 10.000 corone. In un mese il lavoro fu finito con soddisfazione di tutti. Fu ricoperto il tetto di nuove scandole, ritirate dalla Pusteria, fu cambiato il sistema di travatura interna, e si stabilì poi di chiudere le finestre del coperto con griglie o quid simile. Il Municipio che si assunse in propria regìa il lavoro, stabilì di coprire con scandole anche il tetto della cantoria (abside) ora coperto di laterizzi verdi. Il peso del tetto nuovo fu trovato di 750 q.li. Si pensò di collocare nell'interno della nuova sfera di rame che sta in cima al campanile una pergamena con questa scritta: “Auspici  l’i.r.(Governo) Erario, il magnifico Podestà di Trento, il reverendo Parroco, questa vetusta chiesa di S.Apollinare ebbe nell’ anno della conflagrazione europea, che Iddio voglia risolvere in bene, rinnovato completamente il tetto con una spesa di corone 10.000. Filippo Laccetti, Ricci del Vasto, ingegniere,  Giuseppe Gelpi carpentiere, don Vittorio Speccheri parroco. Trento 12 agosto 1914”.


Ai 26 maggio 1915 fu fatto sospendere il suono delle campane in tutta Trento e paesi vicini e lontani.

Il 29 novembre 1915 l’Adige trascinava grossi pezzi di ghiaccio. Cosa mai vista a memoria d’ uomo.

Il giorno 22 febbraio 1916 per ordine del Commando di Fortezza fu sgomberata la nostra chiesa, per servire di magazzino militare e trasportato il Santissimo. nella vecchia sacrestia, tramutata in cappella. Essa fu ridata al culto il 5 novembre 1916. 

Ai  30 settembre  1916 l’autorità militare fece levare la campana maggiore delle tre e al primo ottobre si firmò l’atto di consegna, presente il signor Alberto Eghenter fabbriciere. La campana pesava kg. 308; fu pagata in ragione di 4 corone al kg : uguale corone 1232. Più tardi fu levata la mezzana  il 26 dicembre 1917 del peso di kg. 190 e pagata con corone 760. E poi anche il  canale di rame del tetto della chiesa, sostituito da uno di latta.

E’ l’inizio di un triste periodo che coinvolge e sconvolge tutta l’Europa: la prima Guerra mondiale. Anche Trento ne fa esperienza, anche Piedicastello, la sua chiesa, il suo parroco. Ecco come la racconta lui stesso. 

Febbraio 1919: solo ora mi accingo a continuare queste noterelle di cronaca perché fui assente 31 mesi, in seguito agli avvenimenti della guerra mondiale. Il 24 maggio 1915 l’ Italia dichiarò guerra all’Austria e da quel giorno si scatenò sul Trentino un periodo di vero terrore. Il fior fiore, l’intelligenza del paese, Vescovo, preti, professori, consiglieri, maestri, nobiltà, deputati ecc, sotto accusa di irredentismo, furono imprigionati in massa, internati, confinati, beni confiscati. (Per quanto riguarda il Vescovo, leggi il libro del padre Illario Dossi e di don Zanolini, meglio ancora” Il Vescovo di Trento e l’Austria”). Di me dirò solo questo poco: il 6 aprile 1916 fui catturato: passai 71 giorni nelle carceri del Tribunale, poi, prosciolto da ogni accusa, fui internato a Katzenau (presso Linz) e là, in quella palude restai 5 mesi fino ai 20 novembre 1916, di lì fui internato nel convento di Schlagl, 4 ore di ferrovia a nord di Linz, presso i Padri Premonstatensi  e vi dimorai con altri 4 sacerdoti trentini fino ai 26 novembre 1918.

Tornai in patria redenta dall’ infame (è il vero termine) governo Austriaco. Anche la popolazione della parrocchia non andò esente dai colpi di artiglio dell’aquila griffagna; due buoni terzi verso la fine di maggio 1915 dovette in fretta e furia abbandonare il focolare domestico; e furono confinati per lo più in Boemia e Moravia restando chi tre, chi quattro anni circa.

In questo frattempo la cura d’ anime fu affidata ai R.R. P.P. Minori Francescani, che lavorarono con vero zelo ed amore. In canonica restò mia sorella colla domestica. 

Nel  1921 per la prima volta il giorno delle Palme si distribuirono rami di ulivi, nati alle falde del Doss Trento e regalati.

La raccolta della vernaccia dell’orto, nel 1921 fu di quasi 2 quintali; l’uva fu di rara bellezza, mai vista negli ultimi vent’ anni.

Nel giorno di Ognissanti del 1928 dopo persistenti piogge, che per il vento sciroccale cadevano anche  all’altezza di 3000 metri, l’Adige ingrossò furioso e sorpassò la piena del 1926. L’acqua entrò in chiesa per 20 cm.: cosicché la bella e cara funzione della mattina dei morti, non poté aver luogo.

Nel 1931 non si fece la processione del Corpus Domini né qui né in tutta Italia, quale protesta contro la gazzarra fascista che tumultuariamente assalì disperse, chiuse gli oratori e disperdette i circoli giovanili. Senza commenti.

Sull’ altare maggiore le due statue in pietra morta (di Arco?) rappresentanti due vescovi, in bellissima posa, come omaggianti il vescovo martire S.Apollinare, portano sul basamento l’anno 1701 come opera d’un “Alessandro Calegari facebat”.

Sempre desideroso di animare comecchessia la lunetta sopra il portale della chiesa pensai diversi modi, un affresco, un mosaico etc. Mi rivolsi infine all’ufficio delle Belle Arti che, rigido come è sempre, mi consigliò una statua rappresentante S.Apollinare. L’ordinai senz’altro alla ditta Fozzer di Trento che mi scolpì la statua. Costo £.900 che fu pagata da una persona a me incognita e ciò nel mese di gennaio 1939. 

Un particolare rilievo riserva il nostro cronista a questa iniziativa: 

L’ Incoronazione dell’ Immagine del B.V. Maria in Piedicastello

8 dicembre 1924

Se prima il pensiero d’incoronar Maria, si relegava fra i sogni; negli ultimi tempi, in vista della sempre crescente devozione, promossa specialmente col diffondere a centinaia, a migliaia la sacra effige, il bel sogno divenne una bellissima realtà, l’ 8 dicembre 1924. Il parroco la sera dell’ultimo dì dell’ anno 1923 intanto che dal pulpito augurava ai suoi parrocchiani il buon anno novello, guardando l’immagine di Maria, che gli stava di fronte, ebbe un ispirazione fulminea. La fece sua e così parlò: or sono tre giorni, io entrai nella chiesa di S.Francesco del vecchio seminario, e prostratomi ai piedi dell’ Immacolata che si venera nella Cappella a destra, feci questa, come diremo? mormorazione: Ecco qui una statua di Maria, così fresca, così recente, che sa ancora di legno e di colore, eppure,vestita e incoronata di una corona preziosa del valore di 7000 Lire. La nostra Madonna di Piedicastello che è veramente la calamita dei cuori trentini, aspetta da secoli un segno della nostra riconoscenza! Ma non sarà più così. Cari miei parrocchiani, io faccio qui a me un augurio che l’otto del prossimo futuro dicembre 1924, si possa ornare il severo ed insieme amabile volto di Maria d’un prezioso diadema; e voi mi aiuterete. 

L’idea, l’augurio, la promessa, lanciati nel pubblico, trovarono una mirabile corrispondenza.

E qui sta bene ricordare un fatto curioso. Nei primi giorni del ‘24 si presentò in canonica una certa Ida Corrazza della Val di Non, domestica a Trento, e mi volle far credere che una notte in sogno le apparve la Madonna di Piedicastello che disse di voler essere presto incoronata. Non ho dato peso a simile immaginazione ma ne ho data molto alle 150 Lire che in tre riprese mi consegnò per concorrere alla realizzazione del suo bel sogno. La stessa andò poi in America per maritarsi e anche lì non dimenticò di fare pressione sul marito, il quale mi mandò  434 dollari.

Le offerte dunque, venivano da vicino e da lontano, braccialetti, spille,catenelle, anelli orecchini, rottami d’oro e d’argento e d’altri vezzi. 

70 furono gli offerenti: fu raccolto un kg. d’oro e altrettanto argento. Gli offerenti in danaro sommano a 303, capitale raccolto: Lire 5900.

Arrivati dunque a un importo sufficiente per l’ ordinazione, previo consenso e incoraggiamento dell’ Autorità ecclesiastica, si dovette scegliere l’artista e la forma da dare a questo ornamento, se una corona o un diadema. L’artista era sotto mano, perché specializzato in questi lavori. Più difficile la scelta della corona. Trattandosi di una cosa pubblica, alla vista di tutti, di una chiesa dichiarata monumento nazionale, l’ufficio delle belle Arti volle far pesare il suo, del resto illuminato giudizio. Scartò a man salva progetti e schizzi e dopo pratiche che durarono circa tre mesi, propose il modello di due diademi, vere copie di una tela che si venera a Siena nel convento di S.Bernardino, opera del pittore Sano di Pietro di Menaio (1406-1481). L’artefice Giacomo Piller si mise con tutta alacrità al lavoro e per l’otto dicembre 1924 esso era finito. I due diademi furono esposti per tre  giorni nelle vetrine della Tridento, riscotendo la sincera ammirazione del pubblico. L’otto dicembre la Madonna di Piedicastello ad ore 15 riceveva dalle mani di S.Altezza il Vescovo,  Celestino Endrici, il ben meritato diadema. Gli facevano corona S.E. l’Arcivescovo Marconi, mons. Vicario, uno stuolo di sacerdoti trentini e una folla di ben 4000 devoti e curiosi che occupavano la chiesa di dentro e di fuori. Giorno memorando per la parrocchia ed indimenticabile. Quanti cigli bagnati di dolcissime lacrime!

I due diademi sono di grossa lamina d’ argento indorata. Uno porta la scritta :”Ave gratia plena” di oro massiccio. Molte pietre preziose, diamanti, brillanti e zaffiri.

NB. Il 6/6/ 1935 a un ladro riuscì di rubare i due diademi: “sunt lacrimae rerum!”

Nel giorno dell’Immacolata del 1925 fu posto il cancello in ferro alla porta del cimitero che l’occhio e il buon gusto richiedeva. È una bell’opera in ferro dei fabbri della parrocchia, fratelli Corniola.  Prezzo £ire 1250.

 

Immagine





Il giorno 16 maggio 1926, proprio nella festa di S.Giovanni Nepomuceno (vedi ironia del cielo) l’acqua del torrente Vela, rotto l’argine, inondò le campagne di Vela, di Piedicastello e relative cantine. Nella cantina di canonica arrivò a 2,50 metri, in chiesa a 1,35 cm. Danni rilevanti non vi furono in chiesa, tranne molte chiazze di olio, uscito dal gran recipiente presso l’ altare che macchiarono gli assiti della chiesa. I due gran cassoni in sacristia furono sollevati in alto a due forti ganci del soffitto. L’acqua restò dentro tre giorni poi calò celermente in seguito a un‘apertura fatta nel  tomo dell’ Adige dietro la chiesa. In due giorni sei donne e due uomini, lavarono la chiesa, i banchi etc.

Nel 1926, anno centenario di S.Francesco, i Padri minori di Trento  hanno pubblicato un libro dal titolo”Contributi alla storia dei frati minori della provincia di Trento”. Arti grafiche Tridentum. In esso si legge, fra il resto, che S. Francesco costituita la sua regola volle inviare anche a noi  i suoi confratelli. I 4 primi, giunti a Trento nel settembre 1221 si stabilirono a Piedicastello presso i Benedettini, più tardi verso il 1245 eressero un proprio convento fuori Porta Nuova ove oggi è il monastero delle R. Canossiane. 

 


 

Immagine






Il primo gennaio 1929 dopo i vespri il parroco con  due chierici leviti, scoprì e benedisse la nuova pala di S.Giovanni Nepomuceno, opera del pittore Melodio Azzolini di Aldeno che la copiò dal pittore tedesco Ess di Monaco. Gran concorso e generale soddisfazione.


 

Immagine
Il 20 settembre 1931 fu benedetto dal parroco il capitello colla Madonna dei 7 dolori, salvata dalla rovina perché prima stava su di un muro d’una casa votata alla demolizione dalla direzione dello stabilimento dell’Italcementi. Questa vecchia statua di Via Ravina, quando l’Adige la lambiva, era detta la Madonna dei Zatteri che colle loro imbarcazioni per via fluviale arrivavano fino a Venezia. Ora la direzione con un bel gesto cristiano la volle conservata e la fece murare sulla muraglia di mattina dello stabilimento. Fu una funzione simpatica con molta gente.

Nell’ aprile 1936 dietro incitamento del parroco, fu ristabilito a spese della mensa vescovile il capitello (tabernacoletto) col crocefisso in via Ravina. Nei pressi della campagna Groff, nel 1935 fu ripulito, rinfrescato – a spese del parroco -  il capitello di Costa di Ravina, dedicato alla Madonna dei sette dolori e ancor prima per opera della Italcementi, fu infisso nella facciata della fabbrica il terzo capitello, pure dedicato alla Madonna dei sette dolori (vedi notizia precedente, Ndr).


 

Nel 1932 fu disdetta la vigilanza notturna della chiesa (£120 annue) e i preziosi (due diademi, due collane, due calici, due pissidi) valutati 13.000 Lire furono assicurati presso la Compagnia Anonima d’Assicurazione contro i furti di Torino.  

A proposito di tale contratto di assicurazione contro i furti  giova notare che nel gennaio 1934 dei ladri sacrileghi rubarono due collane d’ oro, più un prezioso ciondolo appesi all’immagine della nostra Madonna – assicurate al valore di 300 Lire. Reclamai l’ indennizzo, ma invano. Si rifiutò perché il furto fu commesso in un locale aperto al pubblico (una bella e buona trappoleria!).



Tratto da IL NUOVO TRENTINO del 9 Dicembre 1918:

IL RITORNO DALL’ESILIO DEL REV.MO DON SPECCHERI PARROCO DI PIEDICASTELLO

Ieri la popolazione di Piedicastello solennizzò con gran pompa la festa della Immacolata e il ritorno dall’ esilio del M.R. signor parroco don Speccheri.

La bella e vetusta chiesa della parrocchia non bastava quasi a contenere tutta la popolazione che numerosissima assisteva alla messa solenne cantata con vera maestria dal bravo coro parrocchiale. Il M.R. parroco ricordò, al vangelo, che avanti diciassette anni aveva in tal giorno preso possesso della cara sua parrocchia, ove per tutto questo tempo passò fra lui ed i suoi figli spirituali tanta comunanza di soavi affetti; toccò del suo internamento e maestrevolmente esaltò la Provvidenza divina che sa disporre tutto per il nostro meglio. Il suo breve discorso, improntato a vera effusione di cuore, produsse forte e gradita impressione su quel buon popolo che visibilmente commosso pendeva dalle sue labbra. Nel dopo pranzo il R.Padre Vittorino dei Francescani tessé un bel panegirico in onore della Madonna.

La sera già verso le 17 incominciarono le salve dei mortaretti e lo spettacolo dei fuochi artificiali che tuonarono e bruciarono per oltre due ore. Il bravo coro si produsse poi nel piazzale avanti la canonica con scelti pezzi cantati inappuntabilmente e seguiti dagli evviva dalla popolazione applaudiva incessantemente al suo buon parroco ed alla cara patria.

Il signor parroco disse con poche e vibrate parole, essere la bella e cara dimostrazione prova lampante, che la popolazione di Piedicastello nutre i due sentimenti più nobili che possono albergare nel cuore umano: l’ amore alla Religione dei sui padri e l’ amore alla cara Patria e terminò col proporre un evviva al Re liberatore.

La bella festa si chiuse con evviva entusiasta al Re vittorioso ed al parroco di Piedicastello.

Congratulandoci col M.R. signor parroco e desiderando che questa bella dimostrazione d’affetto gli faccia dimenticare i dolori provato nei 31 mesi di ingiusto esilio, diciamo allo stesso:”Ad multos annos!”.

 

Immagine
la campana dei caduti uscita dalla fonderia colbacchini a piedicastello
17/VII/1921  Cronaca tratta da un giornale non identificato:

ERAN TRE ED OR SON QUATTRO

Le campane di S.Apollinare di Piedicastello e furono benedette ieridì dal Delegato vescovile mons. Delugan, che tenne uno smagliante  discorso. Il celebrante era assistito da altri sacerdoti che gli facean corona.

Le nuove campane verranno suonate per la prima volta sabato venturo in onore del patrono della chiesa. E’ un bel concerto in impostato sull’accordo di La maggiore: La, Si, Do diesis e Mi.

Non occorre dirlo esse uscirono dalla rinomata fabbrica vescovile di Luigi Colbacchini e figli, i quali vollero donare e dedicare alla Madonna di Piedicastello la quarta. Ricchi gli ornati, indovinate le dediche. Di queste ci piace riferirne due: sulla campana in onore di S.Apollinare si legge fra il resto:”O beate Apollinari ora pro populo tuo devoto, ad pedes Verrucae commorante”; e la campana in onore di S.Giovanni Nepumiceno  porta questo scongiuro:”O Athesio flumen, tunc  uso venies, et non procedes amplius” (fin qui verrai, oltrepassar non lice). “Quod  est in votis” di tutti.



torna su
Powered by Create your own unique website with customizable templates.