Antica Abbaziale di Sant'Apollinare
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gli affreschi 

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Gran parte della nuova costruzione fu realizzata negli anni dell’Abate Pietro, vale a dire nei primi decenni del 1300. Da documenti notarili dell’epoca si sa con certezza che quest’uomo, dai gusti alquanto raffinati, aveva coinvolto nell’impresa della nuova Abbaziale il meglio degli artigiani e degli artisti che le risorse del Monastero potevano permettere. Nel 1319 sono operanti maestro Giovanni da Como (per le opere in muratura), maestro Bonaventura da Trento (per i lavori di carpenteria) e, un anno dopo (1320), il pittore Nicolò da Padova. Fu quest’ultimo che, dopo aver già lavorato nel monastero, diede  inizio alla decorazione pittorica della chiesa; essendogli familiari ormai da alcuni anni le opere realizzate da Giotto a Padova, ne seguì i canoni iconografici e lo stile. A lui viene solitamente attribuita la cosiddetta “Madonna di Piedicastello” (si veda la descrizione più avanti a questa voce): l’affresco fu realizzato entro un’edicola, addossata al campanile, e dominava (o proteggeva) l’arca di pregevole fattura che probabilmente lo stesso abate Pietro aveva fatto erigere a monumento funebre per se e per gli abati suoi successori (tale arca infatti non reca alcun nome ma solo un’immagine in rilievo che raffigura l’anima di un Abate portata in cielo da due angeli). L’affresco della Madonna con il Bambino in braccio (che alcuni secoli più tardi sarà staccato e trasferito – per sicurezza oltre che per devozione – all’interno della chiesa) era affiancato da altre figure, poi totalmente scomparse;  tra esse probabilmente un San Lorenzo, titolare dell’abbazia (lo si deduce dalle poche lettere – ENTIUS a sinistra del volto della Madonna). 

Altri affreschi ornavano la facciata, sia da una parte che dall’altra del portale, protetti – pare – da un tettuccio che li difendeva dalle intemperie; fino a circa sessant’anni fa’ erano ancora sufficientemente visibili, poi l’incuria cui erano soggetti fece sì che diventassero in pochi anni totalmente illeggibili. Qualche rara fotografia del secolo scorso permette di indovinare a sinistra del portale un S.Apollinare, tra un S.Lorenzo e un S.Benedetto, mentre a sinistra era senz’altro raffigurato un S.Cristoforo (protettore nell’attraversamento di guadi, questo santo era frequentemente rappresentato sulle pareti esterne di chiese vicine a fiumi o torrenti; le dimensioni della sua immagine,  eccezionalmente superiori al naturale, avevano lo scopo di permettere ai viandanti di vederlo e invocarlo anche da lontano).  Di quest’immagine, la parete a destra del portale conserva unicamente il rilievo di due aureole: la grande (che indica il santo traghettatore) e, accanto ad essa, la piccola del Cristo bambino che, secondo la leggenda, san Cristoforo portò sulle sue spalle.

Dal giudizio di chi ebbe la fortuna di vederli ancora sufficientemente nitidi, questi affreschi sarebbero stati eseguiti in un periodo di poco successivo a quello in cui operava Nicolò da Padova (si presume verso il 1350), e pertanto sarebbero attribuibili ad altra mano.

Ovviamente anche l’interno della chiesa si presentava abbondantemente decorato: non è da credere che l’Abate Pietro, e i suoi successori, siano stati avari in tal senso. Purtroppo si deve dare atto che non pochi eventi e interventi dei secoli successivi, in parte occultarono e in parte distrussero quegli affreschi. Tra le cause principali si possono ricordare, ad esempio, le epidemie di peste e le conseguenti mani di calce con le quali si intendeva “disinfettare” gli ambienti pubblici, ma anche – e con conseguenze più disastrose ancora –certi restauri tipicamente “puristi” realizzati nel 18° secolo.

Uno studioso appassionato e competente qual’era A.Essenwein, a metà del 1800 poteva osservare che numerosi resti di affreschi apparivano ancora all’interno della chiesa, parte sicuramente trecenteschi (secondo la sua opinione) parte invece di minor valore e più recenti. 

L’ultimo intervento di restauro, appena concluso, ha confermato tale testimonianza. Infatti, si è potuto constatare con piacevole sorpresa che, mentre le sezioni “libere” delle pareti, sotto un leggero strato d’intonaco rivelavano elementi più decorativi che non vere e proprie raffigurazioni (e, oltretutto, recenti e di scadente qualità), le zone occupate invece dai due altari laterali (barocchi e collocati negli angoli in prossimità dell’arco centrale) nascondevano, sotto uno strato d’intonaco, preziose raffigurazioni ben più antiche sia da una parte che dall’altra della campata. Dietro l’altare laterale di destra sono comparsi i volti di S.Apollinare (lo si deduce dal nome incompleto e contratto che lo sovrasta: (APONARIUS), di S.Giacomo (JACOBUS, l’apostolo di Compostella) e, nella parete a fianco, la figura per intero di una santa martire.

Sul retro dell’altare di sinistra – anche in questo caso sotto uno strato d’intonaco – è emersa l’immagine di una “maestà”, cioè una Madonna in trono con il Bambino, che si caratterizza per i suoi tratti di eccezionale e delicata bellezza.  Giudizio, questo, che vale anche per il complesso di affreschi precedente: la vivacità dei volti, la luminosità dei colori, oltre la delicatezza dei tratti, conferiscono a queste figure un’aura di sorprendente, accogliente serenità.

E’ evidente che si tratta di una mano e di un’ispirazione diversa rispetto a quella di Nicolò da Padova: più tardiva probabilmente, più evoluta per certi aspetti, o semplicemente “altra”, sia per ispirazione che per origine culturale. Ancora una volta si sarebbe tentati di accogliere l’ipotesi di N.Rasmo, che data al 1320 l’affresco della “Madonna di Piedicastello” e rimanda invece ad alcuni decenni più tardi l’esecuzione degli altri affreschi, sia all’esterno che all’interno dell’edificio.

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